Cefalea psicogena

Psicologia-Psicologia corporea

Quando la testa fa male per i pensieri

Dr. Massimo Soldati

Un approccio maturo al vasto e complesso mondo delle cefalee primarie non può prescindere da una prospettiva integrale nella quale vengono tenuti in considerazione una molteplicità di punti di osservazione.

Un eminente studioso quale Ken Wilber propone un modello di buona scienza nel quale vengano esaminate e confrontate almeno quattro visioni, che sono quella soggettiva ed oggettiva, nella loro accezione singolare e plurale. Questo è conosciuto come modello AQAL (All Quadrants All Levels) nel quale un evento è sviluppato secondo i quattro quadranti di un diagramma, che rappresentano le prospettive citate, ed anche secondo le linee evolutive di ciascuna.(Wilber, 2000) Un evento patologico può ad esempio essere osservato dal punto di vista della psicologia del profondo, che ricerca le implicazioni soggettive caratteristiche della persona, dal quello della medicina che misura soprattutto la oggettività della evidenza clinica, da quello antropologico culturale o sociologico, che tiene conto delle variabili culturali collettive che influenzano l’evento, e da quello più ampiamente ecologico, che osserva come la organizzazione del nostro ambiente determini gli stati di salute o malattia.

Anche nelle scienze dure quali la fisica si sta facendo strada la necessità di una integrazione tra più modelli. La fisica classica esamina il modo basandosi su dati oggettivi ed una logica basata sul principio di causa – effetto, nel quale lo spazio ed il tempo sono fissi, l’osservatore è neutrale e vale la logica di A o non A. La nuova fisica quantistica porta invece delle soluzioni che coinvolgono maggiormente l’aspetto soggettivo, secondo una logica che può apparire paradossale, nella quale è valido sia A che non A, l’osservatore modifica la realtà e vi possono essere interazioni non locali tra oggetti quantistici, cioè  istantanee ed indipendenti dalla distanza che li separa. 

La Psicologia della Gestalt ha molto studiato questo tipo di modello soggettivo, nel quale la percezione è fortemente influenzata dalle caratteristiche interne del percettore, il quale organizza la realtà secondo suoi criteri ed arriva a costruire una visione.

Se esaminiamo il problema delle cefalee primarie da questo primo versante, dei quadranti soggettivi, dobbiamo tenere conto dei corposi studi psicodinamici compiuti nella tradizione psicoanalitica. Sifneos ad esempio descrive il paziente psicosomatico come alessitimico, cioè incapace di dare parole alle emozioni. Sono pazienti che non hanno capacità espressive relative agli affetti, sono tristi ad esempio, ma non contattano ed esprimono la loro tristezza. La stessa lontananza tra corpo e psiche viene descritta da Marty, che sottolinea la caratteristica del paziente psicosomatico di avere un pensiero di tipo operativo (pensée opératoire), cioè una ridotta capacità di simbolizzazione, accompagnata da una povertà della vita fantasmatica. Egli deve essere aiutato in questa incapacità di gestire ed elaborare i conflitti a livello mentale, tanto è che Marty stesso propone di riattivare in esso delle fantasie guidate a scopo terapeutico. (Marty, 1971)

Bahnson chiarifica ulteriormente questa polarità mente corpo proponendo con la sua teoria della complementarietà psicofisiologica il concetto che psiche e soma siano due vie alternative prese dal paziente di fronte agli eventi stressanti. Bahnson si chiede come mai solo alcune persone ammalano se sottoposte ad eventi stressanti e ritiene che la risposta possa venire dal fatto che alcuni reagiscono regredendo lungo la via somatica, mentre altri lungo quella psichica. La regressione psicologica, basata su difese quali la proiezione e lo spostamento, tende a salvare l’organismo a spese dell’aspetto psichico e relazionale, mentre la regressione somatica, basata su difese più potenti quali la rimozione e la negazione, conserva un efficace adattamento esterno a spese della integrità fisica, risultando in una scarica somatica interna. (Bahnson, 1969)

Dall’esame di questi studi si comprende come l’approccio psicodinamico ci mostri la via di una ricomposizione della unità mente corpo portando l’attenzione del paziente, nel caso di turbe psicosomatiche, verso la presa di coscienza del contenuto psichico che non é percepito, oppure con cui non si ha familiarità, od anche che è stato escluso dalla sfera della coscienza. Questa corrente tende ad orientarsi perciò verso l’asse della comprensione, del significato.

Se andiamo ad esaminare i quadranti di destra, cioè una visione più centrata sull’esame obiettivo e misurabile del comportamento, sulle modalità e sul come, troviamo una quantità di altri studi che ci mostrano una stretta correlazione tra lo stress e le sindromi cefalgiche. Gli eventi stressogeni della vita (life stress events) possono essere scatenanti degli episodi di cefalea in persone predisposte. Possiamo valutare la possibile incidenza dei principali eventi stressanti facendo riferimento alla ben conosciuta Scala di Holmes e Rahe, che li classifica dando un punteggio indicante il loro potenziale stressogeno. E’ da notare che accanto ad eventi chiaramente dolorosi quali la morte di congiunti, il divorzio o la malattia sono classificati eventi ritenuti comunemente positivi, quali un grosso successo professionale, le vacanze, le feste natalizie. Questo ci fa intendere come la correlazione forte sia non tanto con il tipo di evento, ma con le strategie adattive che la persona è stata capace di mettere in atto. Vi sono vari stili di fronteggiamento ed adattamento (coping) alle situazioni stressogene che ne determinano psicologicamente le ripercussioni più o meno positive sulla persona. Alcuni stili sono più funzionali di altri, ad esempio di fronte ad un problema lo stile attenzionale, nel quale la energia viene impiegata nella direzione della soluzione dello stesso, è generalmente più efficace rispetto a quello di evitamento, nel quale si cerca di distaccarsi dalla situazione; in una situazione di dipendenza, ad esempio durante una riabilitazione ospedaliera, è più funzionale un stile di coping attivo, che partecipa alla terapia, rispetto ad uno delegante, che non si coinvolge nel processo.

La differenza tra i vari stili di coping si riflette direttamente sulla stessogenicità degli eventi, ponendo il discrimine tra un eustress, che può essere rafforzante per chi lo subisce, oppure un distress, nel quale  non c’è buon adattamento e ad una reazione di allarme continuamente sollecitata non segue mai la risoluzione del conflitto, generando gravi ripercussioni psichiche e somatiche.

Vi sono risultati abbastanza convergenti da un punto di vista temperamentale relativi alle cefalee primarie tra cui significativa è la tendenza verso un basso indice di sensation seeking, cioè il bisogno di esplorare e sperimentare situazioni nuove (Zuckerman, 1994) ed un alto indice invece di harm avoidance, la tendenza ad evitare gli stimoli avversivi. (Pini, 2006) Questo puo’ farci pensare ad una possibile funzione protettiva delle cefalee nei confronti delle condizioni ambientali nuove o complesse. Se consideriamo la correlazione tra cefalea ed intelligenza, troviamo che le cefalee sono più diffuse tra gli intellettuali (Timsit, 1975) che nel resto della popolazione. A questo possiamo dare una giustificazione psicodinamica nel senso di una inibizione della attività mentale oppure di un “non voler capire” (Marty, 1975). Famoso è lo studio riportato da Wolff sui missionari cefalalgici fatti prigionieri nel Pacifico dai giapponesi durante l’ultima guerra mondiale. La maggioranza di essi, pur sottoposti a torture a privazioni, non soffrirono di mal di testa durante tutto il periodo dell’internamento, inducendo nell’autore l’ipotesi che questo fosse dovuto allo sgravio dalle pesanti responsabilità implicite nella conduzione delle missioni.

Uno studio più recente con un taglio evoluzionistico di Elisabeth Loder ci prospetta l’ipotesi che l’emicrania derivi da una sorta di sconnessione evolutiva data dalla discrepanza instauratasi tra lo sviluppo delle parti arcaiche del cervello e la neocorteccia che ha avuto un troppo celere sviluppo ed è sottoposta ad un sovraccarico informativo. Ancora una volta il dolore emicranico potrebbe avere la funzione di inibire questo sovraccarico ed anche quella di proteggere nei confronti di condizioni ambientali nuove o complesse (Loder 2002).

Da un punto di vista personologico un aiuto alla comprensione dei possibili meccanismi sottesi alla cefalea può venire dallo studio di Oliver Sachs sui vari tipi di emicrania (Sachs,1992). Nel suo vasto studio sull’argomento egli esamina i correlati personologici delle emicranie abituali con una attenzione anche ai possibili vantaggi secondari impliciti. Dalla sua disamina emergono cinque tipi principali di emicrania. La recuperativa, presente soprattutto in soggetti ossessivi, perfezionisti, motivati al successo, avrebbe secondo l’autore una funzione sostitutiva del sonno e del riposo, permettendo la mai concessa e desiderata inattività. La emicrania regressiva si manifesta invece in soggetti Ipocondriaci avendo la funzione implicita di una richiesta di supporto e  permettendo la manifestazione della dipendenza affettiva. Nella modalità incapsulante o dissociativa, più tipica dei soggetti isterici, le tensioni emotive accumulate vengono isolate in un episodio emicranico, dando la possibilità di mantenere al di fuori dello stesso una efficienza operativa. Nelle emicranie aggressive, caratteristiche di soggetti che trattengono l’ostilità, la funzione implicita va ricercata nella espressione della rabbia.  Similmente in quelle autopunitive i soggetti masochisti trovano la possibilità di espiare l’onnipresente senso di colpa, rivolgendo l’ostilità verso di sé.

Si comprende la complessità dei meccanismi che possono essere sottesi da un punto di vista psicologico alla patogenesi della cefalea. La psicologia del profondo ha individuato da tempo alcuni insiemi di tratti che sono presenti nei pazienti cefalalgici. In un datato e famoso studio sul’ emicrania del 1937 Harold Wolff li isola, interpretandoli  come modelli disfunzionali di gestione dello stress. Essi sono: ambizione, elevata motivazione al successo, perfezionismo, efficienza, carico di responsabilità, tendenza al dubbio ed alla ripetitività, bisogno di ordine, inflessibilità, testardaggine, risentimento, permalosità, corpo sentito come inadeguato, negazione delle proprie pulsioni, utilizzo del corpo per fini personali o dettati dalle necessità ambientali, parsimonia, risparmio, relazioni sociali formali, fatica, tensione, mancanza di spontaneità nella relazione, sessualità insoddisfacente, relazioni affettive segnate da  dipendenza.

E’ stato criticato l’eccesso di tratti ed una certa contraddittorietà, che  definiscono da una parte una personalità di tipo A di Friedman e Rosenman (ambiziosa, aggressiva, competitiva) e dall’altra una personalità anale – masochista, cioè ossessivo-compulsiva, tendente all’ordine, alla parsimonia ed al perfezionismo. (Pini, 2006)

Dall’altra parte è evidente che nei tratti sin qui delineati è assai marcata  un’altra variabile su cui molti studi sono concordi, e cioè la gestione delle emozioni. Psicoanalisi ed altri approcci sottolineano la importanza della espressione ed inibizione delle emozioni. La repressione della rabbia e la sua introversione sono strettamente correlate alla cefalea sia secondo il modello psicoanalitico che privilegia la espressione della emozione secondo la ben nota metafora del circuito idraulico, sia secondo il modello cognitivo comportamentale che tiene maggior conto della necessità di una regolazione affettiva, nella quale eccesso e carenza sono disfunzionali.

La Teoria dei 5 elementi della medicina tradizionale cinese potrebbe conciliare questi due punti di vista, in quanto dal suo punto di vista la corretta espressione di ogni emozione porta ad una regolazione retroattiva.

Uno studio di Campbell (1996) pone l’accento su una realtà che è chiara ad ogni medico, e cioè che il servizio sanitario è intasato da pazienti che lamentano disturbi quali cefalea, mal di schiena, affaticamento, che derivano da problemi psicologici o psicosociali. Essi riportano che una spiegazione fisiologica dei sintomi può essere trovata in meno della metà dei casi, anche quando il paziente è seguito da vicino. Questo pone il problema della necessità di una diagnosi differenziale  per il medico, che includa la parte psicologica. Un diagnosi completa potrebbe venire dalla unione di una diagnosi psicosomatica ed una diagnosi clinica, fatte da due specialisti, oppure da un operatore che assommi in sé le due competenze. I criteri principali da tenere presenti dal punto di vista psicosomatico sono: 

a) anamnesi familiare in relazione al disturbo

b) storia personale con attenzione ad eventuali sintomi di nevrosi infantile

c) ipersensibilità verso fattori emotivi, indagine su periodi cruciali (pubertà, matrimonio, parto, ecc.). Vedere anche qualità del sonno, disturbi funzionali dei principali apparati.

d) traumi subiti (incidenti, violenze, lutti, abbandoni, separazioni, fallimenti)

e) difficoltà esistenziali ( vocazioni, insoddisfazioni, motivazioni, stili di vita)

f) problemi psicosociali (integrazione nell’ambiente, relazione col prossimo, stress momentanei o prolungati, affermazione nel lavoro, mobbing)

g) vita affettiva e sessualità (esistenza, soddisfazione, orientamento). (Giangregorio 1992, modificato ed ampliato dall’autore).

Per il medico e l’operatore sanitario è stato messo a punto da tempo un modello di addestramento e sensibilizzazione alla tematica psicologica, dato che in questo campo la sola conoscenza teorica non è sufficiente. Michael Balint presso la Tavistoc Clinic di Londra formò dei gruppi volti a questo scopo che si prefiggevano di insegnare al medico un approccio al paziente che implicasse la consapevolezza della enorme importanza della propria funzione dal punto di vista psicologico. Il farmaco – medico, derivante dalla semplice interazione del sanitario con il paziente, è estremamente potente ed è possibile imparare  ad usarlo come tutti gli altri farmaci. Attraverso la frequenza ai quelli che sono ora chiamati Gruppi Balint il medico apprende a sensibilizzarsi ai messaggi inconsci dal paziente, a saper rispondere correttamente alle sue richieste implicite e trasversali che possono essere estremamente affaticanti se non gestite correttamente, ed anche ad operare una sorta di psicoterapia flash che si rivela molto efficace su quella componente psicologica che è così presente nel suo studio od in corsia. (Balint,1990) Una consapevolezza dell’aspetto psicosomatico può aiutare il medico a riconoscere nel paziente cefalgico quei bisogni che possono essere soddisfatti attraverso una attenzione alle dinamiche psicoaffettive.

La psicologia corporea può dare inoltre un ulteriore chiarimento dei meccanismi caratterologici che influenzano la interazione mente-corpo e da essa possiamo trarre alcune ipotesi  esplicative, che giustificano e sviluppano vari punti esaminati in precedenza. Uno dei punti focali della psicologia ad orientamento corporeo moderna è la chiara consapevolezza anche operativa del fatto che mente e corpo formano un tutt’uno. Wilhelm Reich riteneva ci fosse una identità funzionale tra il  soma e la psiche in particolare per quanto riguarda i meccanismi di difesa e l’adattamento della persona all’ambiente. (Reich, 1994) Come una ameba l’uomo è una struttura aperta che ha bisogno di un costante scambio con l’ambiente circostante e dalla sua capacità di pulsare in maniera libera e di muoversi in modo congruo ed armonico si può rilevare il suo stato di salute. Le zone rigide, nelle quali la pulsazione si interrompe o quelle lasse dove c’è una mancanza di vitalità possono darci molte indicazioni su come un adattamento positivo è stato perturbato. A difese psicologiche di un certo tipo corrispondono inibizioni dell’azione sul piano somatico che creano posture determinate (Soldati, 2007). Per fare un semplice esempio ad una protratta inibizione dell’aggressività può corrispondere un accorciamento ed irrigidimento degli arti superiori dovuto all’inconscio e costante trattenere l’azione di attacco. Nella lettura del corpo non dobbiamo intendere ovviamente che ci sia una corrispondenza biunivoca di tratti somatici e tratti psicologici, in quanto possono esservi varie motivazioni di vario genere alla base di una postura, fisiologiche, strutturali, psicologiche, ma con le dovute cautele e soprattutto una corrette relazione terapeutica possiamo ottenere molte informazioni.

Secondo Lowen ed altri prosecutori degli studi di Reich è possibile individuare determinate strutture caratteriali nell’uomo che ci indicano quando nel processo della maturazione psicosessuale e psicoaffettiva ci sono stati dei traumi o delle condizioni ambientali sfavorevoli che hanno bloccato lo sviluppo (Lowen, 1991). Ad ogni periodo importante della vita infantile corrisponde una determinata struttura caratteriale ed una corrispondente armatura muscolare che possono fissarsi se ce ne sono le condizioni. Se queste si verificano nel periodo perinatale, ad esempio, si può sviluppare una struttura difensiva tutta basata sul meccanismo della dissociazione ed una particolare fragilità corporea unita ad un eccesso di ideazione e razionalizzazione. Questi individui, per tornare al nostro argomento principale, saranno i candidati migliori a cefalee dovute ad eccessi di mentalizzazione. Traumi o carenze subite durante il periodo dell’allattamento generano una struttura caratteriale dipendente e tendente alla depressione, con una armatura muscolare debole e collassata tipicamente nella regione sternale. La compressione della zona cervicale che ne consegue predispone a cefalee di origine posturale. I tratti personologici descritti da Wolff relativi agli emicranici trovano perfetta corrispondenza in due strutture caratteriali che si sviluppano attorno ai 10-18 mesi in un caso e subito dopo nell’altro. La prima, detta psicopatica, è caratteristica del bambino che non ha avuto la possibilità di sviluppare la propria autonomia  rispetto ai desideri del genitore. Egli si pone in atteggiamento di sfida e sviluppa una personalità aggressiva, controllante, manipolante o seduttiva nei confronti del prossimo. Tende anche ad ipersviluppare la parte superiore del corpo ed irrigidire la zona cervicale ed oculare in una costante attitudine di controllo e dominanza. La zona contratta corrisponde tipicamente a quella dolente nelle cefalee. La seconda e successiva si consolida per la inadeguata pressione che il bambino ha subito nel periodo della educazione alimentare e degli sfinteri da genitori troppo rigidi ed inibenti, spesso esagerati nel pretendere pulizia ed ordine. Al bambino viene impedito di esprimere la propria opposizione e sviluppa perciò una personalità masochista, remissiva e rabbiosa, con i tratti della analità già accennati in precedenza, cioè ossessivo-compulsiva, portata all’ordine, alla parsimonia, al perfezionismo. La armatura muscolare è in questo caso potente e costrittiva, tanto da inibire lo sviluppo verticale  in persone spesso tarchiate e compresse, con forti contrazioni gluteali che provocano la retroversione abituale del bacino, collo accorciato, trapezi rigidi e mascella in perenne tensione. La corrispondenza tra i tratti della personalità emicranica descritti dalla tradizione psicoanalitica potrebbe essere in questo caso essere spiegata dalle potenti e costanti contrazioni della zona oculare, nucale e mascellare, e dalla sempre rinnovantesi rabbia repressa, che sono particolarmente forti e presenti in queste due strutture. Sono evidenti le analogie con le emicranie autopunitive ed aggressive descritte da Sachs, mentre la modalità recuperativa è assai vicina alla struttura psicopatica.

Per concludere possiamo dire che la psicologia corporea ci dà alcuni spunti per chiarire la personalità del paziente cefalalgico ed alcuni possibili meccanismi patogenetici. 

BIBLIOGRAFIA

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Zuckerman M., Behavioral Expressions and Biosocial Bases of Sensation Seeking, Cambridge University Press, 1994

Relazione del Dr. Massimo Soldati
Psicologo Psicoterapeuta

Abstract dal Convegno
Approccio Multidisciplinare Alla Sindrome Cefalgica
Venezia Mestre 20 MARZO 2010 
Ordine Provinciale Dei Medici Chirurghi e Degli Odontoiatri Di Venezia e  Fondazione Ars Medica  

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